“Mondo n’Uovo”: uova in mostra per comunicare il valore curativo dell’arte

 


L’esposizione organizzata dalle Botteghe darte del Mapp, il Museo di arte contemporanea dellex istituto psichiatrico Paolo Pini, racconta la capacità dell’arte di creare nuove occasioni di comprensione e comunicazione della fragilità, a partire dal simbolo dell’uovo. Inaugurata lo scorso 29 ottobre all’interno del ristorante Eggs a Milano, resterà visitabile fino a fine anno.

 

Uscire dal guscio: l’arte come forma di espressione di sé
Fragile eppure estremamente resistente, nucleo di vita e simbolo di una perfezione atavica che da sempre affascina gli artisti di tutte le appartenenze “ismiche” (dall’arte sacra all’avanguardismo), l’uovo è l’emblema al tempo stesso di un microcosmo perfetto e chiuso in sé stesso, e di un universo di possibilità pronte a schiudersi dando vita a sempre nuove forme espressive e comunicative.
L’idea è quella di partire da qualcosa di estremamente terreno e concreto come l’uovo per andare oltre la materia ed esprimere l’inesprimibile, come la sofferenza mentale, fino a non molti anni fa destinata a restare relegata all’oblio, all’interno di “non luoghi” quali i manicomi. Per infrangere questo muro di silenzio ed emarginazione è nato il progetto artistico Botteghe dArte del Mapp, il Museo di arte contemporanea dellex istituto psichiatrico Paolo Pini, coordinato
da Riccardo Gusmaroli, noto artista veronese contemporaneo e in passato fotografo di architettura e di still life.



 

Una mostra lunga 30 anni
“Mondo n’Uovo” è l’ultimo frutto di un percorso iniziato 30 anni fa, e che già aveva dato origine a progetti come Chiuso per ferie mentali” nel 2008 e Oltre” nel 2012, sempre con la supervisione di Riccardo Gusmaroli. Come spiega la dottoressa Teresa Melorio, direttamente coinvolta in questa nuova avventura ricca di significato si tratta di proseguire lungo una linea coerente con l’idea che ha originato il Mapp, in cui «larte è considerata un processo in cui tutte le possibili forme creative si contaminano e generano un mondo nuovo, un nuovo modo di fare cultura», nonché «una sosta che consente di sconfinare oltre lovvio e di nutrirsi dellignoto». L’obiettivo? Fare dell’arte uno strumento che cura, ma anche un codice di comunicazione immediato e condivisibile, che prescinde dalle parole.  

 


Arte al ristorante, un format “n’Uovo”?
Le 14 opere, realizzate da 48 artisti, potranno essere ammirate fino a fine anno all’interno del ristorante Eggs, inaugurato ad aprile 2024 in via Solferino 35 a Milano. La scelta della location in cui allestire la mostra non è stata casuale: non servivano solo uno spazio adatto ad accogliere le teche contenenti le fragili opere realizzate con gusci di vere uova, ma anche un contesto coerente con il tema, concepito fin dall’origine per celebrare ed esprimere attraverso la cucina le molteplici possibilità racchiuse in un alimento apparentemente semplice (ma molto affascinante) come l’uovo, e soprattutto un’attenzione particolare verso i temi dell’inclusività sociale e dell’importanza dell’arte e della cultura. La chef Barbara Agosti (a capo di Eggs fin dalla sua prima apertura gemella a Roma nel 2017) incarna tutti questi valori, tanto dietro i fornelli, quanto nel farsi portavoce e ospite di impegni e progetti ricchi di significato come quelli portati avanti dal Mapp.

 


Un uovo per tutti: tra fragilità e condivisione
Così, se l’uovo è alla base della cucina in generale e della proposta di chef Agosti in particolare (non solo perché permette di realizzare infinite ricette, declinandosi al tempo stesso in infinite varianti e preparazioni capaci di accontentare i gusti di tutti), a livello simbolico è l’emblema di qualcosa a cui tutti ambiscono e di cui chiunque ha bisogno: possedere un proprio spazio protetto, una “casa” in cui rifugiarsi, ritrovarsi, nascondersi di tanto in tanto dal mondo, ma al tempo stesso un involucro da cui, una volta pronti, poter uscire per esprimersi pienamente e trovare una propria collocazione nel mondo “fuori”. Questa necessità è ciò che a chi soffre di un disagio mentale è stata a lungo negata, e che ancora oggi deve scontrarsi con i limiti imposti dai pregiudizi e dalle discriminazioni sociali verso ciò che sfugge all’etichetta di “normalità”. Ripartire dall’emblema dell’uovo, immediato nel suo aspetto e veicolo istintivo di un senso di fragilità e rottura, può essere la chiave per ritrovarsi su un terreno comune, in cui ogni essere umano possa riconoscersi al tempo stesso come uguale e diverso, come fragile e al tempo stesso meno solo.

Un percorso interiore che serve a tutti: a chi si reputa “normale” e a chi aveva solo bisogno di un modo nuovo di esprimersi. E lo ha trovato decorando delle uova. Uscendo dal guscio in forma inaspettata.



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