Lavoro, le donne sono le prime donne vittime della crisi. "Con un nuovo lockdown rischia di esplodere il malessere"
Cinquantasei posti di lavoro persi su cento sono di donne. L’Organizzazione internazionale del lavoro aveva previsto una simile situazione, lo temevano gli economisti: le donne stanno pagando a un prezzo più alto la crisi lavorativa che deriva dalla pandemia. "Il primo bilancio, ancora del tutto parziale, degli effetti che il lockdown primaverile ha avuto sul mercato del lavoro contabilizza tra secondo trimestre 2019 e 2020, 470 mila occupate in meno, per un calo nell'anno del 4,7%. Su 100 posti di lavoro persi (in tutto 841 mila), quelli femminili rappresentano il 55,9%; al confronto, l'occupazione maschile ha dato prova di maggior tenuta, registrando un decremento del 2,7% (371 mila occupati). A segnare la maggiore contrazione è stata la componente di lavoro a termine, che ha registrato 327 mila lavoratrici in meno per un calo del 22,7%. Ma anche per le autonome il bilancio è fortemente negativo, con un decremento del 5,1%".
I numeri dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro
Si tratta a tutti gli effetti di un bilancio ancora parziale: le iniezioni consistenti di ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti rischiano di nascondere delle debolezze che inevitabilmente emergeranno in futuro. Tuttavia non si può non evidenziare come l'impatto tra uomini e donne che la crisi ha avuto nei primi mesi dell'anno sia differenziato e già suona come un campanello d'allarme sugli effetti che ne potrebbero derivare per l'occupazione. Il perché di una simile situazione è presto detto: le donne lavorano maggiormente nei settori più a rischio in questo momento di emergenza sanitaria. Nell'industria, ad esempio, c'è stata una tenuta migliore e sono soprattutto gli uomini a prestarvi servizio. Già prima della pandemia, si parlava del lavoro part-time, e risultava la modalità di impiego del 33% delle lavoratrici e solo dell'8,8% degli uomini. Ha subito una contrazione del 7,4%.
La preoccupazione degli esperti
Un nuovo lockdown potrebbe esasperare ulteriormente la situazione, aumentando anche psicologicamente le barriere già esistenti tra le donne e il lavoro. "L'esperienza vissuta durante il lockdown primaverile le ha viste gestire un sovraccarico di lavoro senza precedenti. Da un lato, sono state più impegnate degli uomini nell'attività lavorativa (il 74% ha continuato a lavorare rispetto al 66% degli uomini), dovendo garantire servizi essenziali in settori a forte vocazione femminile: scuola, sanità, pubblica amministrazione. Dall'altro lato, con la chiusura delle scuole, hanno dovuto garantire la presenza al lavoro e al tempo stesso assistere i figli impegnati nella didattica a distanza, con un livello di stress elevatissimo per quasi 3 milioni di lavoratrici con un figlio a carico con meno di 15 anni (30% delle occupate)". Il lavoro da casa rischia "di acuire il malessere del genere femminile". Nell'ultimo anno, infatti, è cresciuta in maniera sensibile la tendenza ad allontanarsi dal lavoro, rinunciando anche alla ricerca di un lavoro facendo registrare tra giugno 2019 e 2020 un incremento di 707 mila inattive (+8,5%), soprattutto nelle fasce giovanili. "Le donne apportano un contributo rilevante all'occupazione in termini di qualificazione e competenza, che non può disperdersi ulteriormente", ha dichiarato il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, facendo notare che solo nelle professioni intellettuali il 54% è donna. "Per questo è necessario attuare un mix di politiche - dal potenziamento dell'offerta e dell'accessibilità dei servizi che favoriscono la conciliazione vita-lavoro a percorsi formativi spendibili nel mercato del lavoro - che sostengano concretamente l'occupabilità delle donne, arginando il rischio che molte di loro possono chiamarsi fuori dal circuito lavorativo".
Costanza Falco
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