Payback sui dispositivi medici: parlamentari e associazioni si riuniscono in una tavola rotonda per trovare una soluzione comune

 


Noesi, in collaborazione con Gada Spa e Terumo Italia, ha organizzato la Tavola rotonda “Payback sui dispositivi medici: le ragioni del dissenso e la necessità di una soluzione comune”, presso il MoMeC – Montecitorio Meeting Centre, a Roma. L'incontro ha visto la partecipazione di politici, associazion
e scientifiche e di pazienti.  

Come noto nel Decreto Aiuti bis il governo ha confermato il payback sui dispositivi medici che obbliga le aziende del comparto Sanità a rimborsare il 50% delle spese effettuate in eccesso dalle regioni entro il 30 aprile. Proprio per questo l’evento ha avuto lo scopo di mettere a fuoco le problematiche derivanti dall’applicazione del meccanismo del payback sanitario in relazione al settore dei dispositivi medici (2.523 aziende di produzione e 1.643 di distribuzione, cui si aggiungono 380 aziende di servizi), il quale si pone come settore cruciale per la sanità e rappresenta un'eccellenza per il nostro Paese. L’applicazione del payback ai dispositivi medici comporta infatti molteplici rischi: in primo luogo verrebbe messo in crisi il settore comportando la chiusura delle piccole e medie imprese che compongono la filiera, mettendo a rischio circa 112mila posti di lavoro. In secondo luogo, le conseguenze ricadrebbero anche sulla salute dei cittadini, se si considera la possibilità di non riuscire a garantire le forniture di prodotti anche salvavita agli ospedali, oltre che di un abbassamento generalizzato della qualità delle tecnologie mediche.

Di seguito un estratto delle dichiarazioni dei relatori:

Ass. Raffaele Donini, Coordinatore Commissione Salute Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome: “Il settore biomedicale è fondamentale che resti in salute in Italia, abbiamo visto con la pandemia cosa significhi non avere i dispositivi medici necessari. Come regioni siamo disponibili a ragionare sul futuro in modo tale che questo tetto di spesa venga indicizzato o che addirittura si possa eliminare. A questo Governo tocca decidere del futuro di questa società. La sanità deve ritornare centrale e le soluzioni devono essere prese in modo adeguato”.

Sen. Francesco Zaffini (Fdi), Presidente 10a Commissione Affari sociali : “Abbiamo messo mano anche al payback dei dispositivi e anche lì non era affatto scontato. É stato insediato un tavolo al MEF dove ci sono i rappresentanti della salute. Il nostro Paese ha uno dei tetti sui dispositivi più bassi in Europa, i quali vanno sicuramente aggiornati, la seconda operazione che deve fare il tavolo è trovare le risorse, lo faremo nel documento annuale di programmazione perché il pay back sui dispositivi va cancellato, me ne farò carico quando sarà ora da qui al 30 aprile, avevamo già tentato di portare questo 30 aprile al 30 giugno per darci un po' di respiro in più. Questa è la mia posizione, io come Presidente della Commissione Sanità del Senato della Repubblica m’impegno a tentare di fare quest’operazione. Di sicuro abbiamo ben chiaro il problema che questo provvedimento uccide un pezzo importante della nostra economia sui dispositivi”.

Sen. Orfeo Mazzella (M5S), Componente 10a Commissione Affari sociali“Anche le risorse umane oltre che i dispositivi sono fondamentali, un invecchiamento della popolazione corrisponde ad un invecchiamento delle risorse umane nel sistema sanitario pubblico. Bisogna riportare la materia della sanità pubblica allo Stato. Perchè non ci dimentichiamo che tutti questi dispositivi medici in certi casi sono infungibili, non sono dispositivi dei quali possiamo fare a meno, servono a garantire livelli elevati di qualità”.

On. Ylenja Lucaselli, capogruppo Fratelli d'Italia in V Commissione Bilancio: "Seppur consapevoli che l’eliminazione del payback sanitario non sia economicamente sostenibile, stiamo lavorando per poter proporre delle soluzioni e un quadro di riferimento chiaro e sono fiduciosa che si riesca ad arrivare a delle determinazioni prima della fine di aprile. Stiamo già elaborando una bozza di quella che potrà essere la regolamentazione futura con un innalzamento del tetto di spesa che auspicabilmente potrà passare dal 4,4% al 6,5%”.

Giovanni Esposito, Presidente GISE: “Il 95% della ricerca mondiale sui dispositivi medici è supportata dalle industrie: questo meccanismo rischia pertanto di costringere molte aziende ad applicare tagli su ricerca e innovazione, così come sulla formazione dei giovani medici, creando un danno enorme non solo ai pazienti ma anche al progresso tecnologico in un paese leader in questo settore come l’Italia”.

Andrea Giovagnoni, Presidente SIRM: "Se si andasse incontro ad una carenza di dispositivi medici dovremmo ripensare al livello di assistenza diagnostico e terapeutico del paziente acuto, cronico e dei programmi di screening che vedono coinvolta la diagnostica per immagini e la radiologia interventistica. E’ uno scenario inimmaginabile che farebbe arretrare la medicina di 50 anni bloccando di fatto grand parte dell’attività medica e chirurgica oggi guidata e coadiuvata dai reperti radiologici e delle procedure interventistiche" .

Salvatore Torrisi, Presidente FARE: “Stiamo riscontrando grande confusione e smarrimento da parte delle aziende, in particolar modo nelle PMI e nei tanti distributori a livello regionale, che hanno subito il colpo maggiore da questa manovra. Questa situazione sta inoltre mostrando tutti i limiti della centralizzazione degli acquisti in sanità, evidenziando come l’equazione tra aggregazione della domanda, gare a livello centralizzato e risparmi non abbia concretamente funzionato in termini di riduzione della spesa e dunque di eventuali sforamenti dei bilanci regionali”.

Marco Scatizzi, Presidente ACOI: “Ci sono delle differenze fondamentali - che vanno affrontate e sui cui è necessario riflettere – che riguardano l’impostazione del servizio sanitario nelle diverse regioni, così come le disparità rispetto agli acquisti e alle tempistiche di approvvigionamento dei dispositivi tra il privato convenzionato e il pubblico”.

Salvatore Di Paolo, Consigliere SIN: “In ambito dialitico possiamo prevedere, nel breve termine, la possibile uscita di scena della piccola e media impresa; nel lungo termine una redistribuzione nella composizione dell’offerta economica con incremento della componente servizi, non rientrante nel payback, rispetto a quella del costo del dispositivo, con potenziale downgrading della qualità dell’offerta tecnica”.

Benilde Naso Mauri, Presidente Agop: “I dispositivi medici hanno consentito una riduzione dei ricoveri oltre ad un notevole risparmio a lungo e medio termine: senza considerare naturalmente l’impatto psicologico e sociale dei giovani pazienti. Non abbiamo ricevuto dalle istituzioni il necessario sostegno che avrebbe permesso sicuramente la rete socio sanitaria di cui tanto si parla e la territorialità auspicata dalla riforma sanitaria che non potrà essere attuata se non si riforma un sistema che ancora insegue l’autonomia differenziata”.

Alessandro Parolari, Presidente SICCH: “Le major che forniscono dei device molto importanti potrebbero sicuramente mostrare del disinteresse verso il panorama italiano una volta che ci fosse una riduzione così forte di remunerazione. Se queste ditte non ci saranno più noi rischieremo di fornire un peggiore servizio ai nostri pazienti ed anche i risultati delle nostre procedure potrebbero risentirne significativamente”.

Stefano Bartoli, Segretario nazionale SICVE: “Oggi stiamo preparando una generazione di chirurghi che saprà utilizzare perfettamente i device, renderne difficile il reperimento e l'evoluzione tecnologica, potrebbe essere un problema per i pazienti. Quando cominci a non avere un magazzino fornito non sempre puoi dare delle risposte congrue ai pazienti e noi siamo il terminale che deve garantire il miglior trattamento. La sanità non è un costo, è un investimento, o ribaltiamo il paradigma oppure ho paura che non ne usciamo”.

Dott. Marco Marchetti, Dirigente Unità Operativa Semplice HTA, AGENAS: “Bisogna cercare di capire effettivamente quello che serve, qual è il fabbisogno in base alla struttura della popolazione, questo serve per calibrare l’offerta. Mi rendo conto che non tutti i dispositivi medici hanno quel valore aggiunto che meritano di essere valorizzati, va trovato un nuovo sistema di valutazione. AGENAS ha proposto l’emanazione di un nuovo programma HTA che si basa su queste premesse”.

Sergio Bernardini, Past President SIBIOC:  “É arrivato il momento, per la politica, di ripensare il sistema sanitario nazionale e improntare una strategia a lungo termine per un settore che per oltre vent’anni è stato sottofinanziato. Mi auguro inoltre che venga rivisto il titolo V e che il sistema sanitario possa essere reso omogeneo tramite regole precise come quelle sugli acquisti: le gare centralizzate hanno infatti causato diversi danni penalizzando in particolar modo le piccole aziende”.

Claudio Sestili, Direttore di Noesi: "In quanto società di relazioni istituzionali il nostro lavoro è proprio quello di creare un dialogo diretto e continuativo tra i decisori politici e associazioni, aziende, organizzazioni. Lo facciamo ormai da anni a livello regionale e nazionale. Quindi abbiamo ritenuto opportuno dare vita  a questo momento di confronto su un tema molto delicato e attuale quale quello del payback sanitario in relazione al settore dei dispositivi medici".

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