La realtà dei numeri. Perchè i dati forniti dal MIUR sui positivi nel mondo scolastico sono prematuri
Recentemente il ministero dell’istruzione ha pubblicato un rapporto condotto dalla stessa istituzione sul primo bilancio sulla riapertura delle scuole. La ministra Lucia Azzolina ha parlato dei risultati alla stampa, definendo i dati rassicuranti e sentenziando che “la scuola non ha avuto un impatto sull’aumento dei contagi generali, se non in modo molto residuale”. In realtà sia la ricerca che le successive dichiarazioni della Azzolina destano qualche perplessità. Infatti, questi dati si riferiscono al periodo compreso tra il 14 e il 26 settembre, quindi un lasso di tempo troppo ristretto per trarre conclusioni definitive sull’impatto della scuola sui contagi. Oltretutto, in alcune regioni italiane, la scuola è riniziata soltanto il 24. In pratica, quello che si è misurato è lo status quo dei contagi al momento dell’apertura. Contagi che, dunque, sono presumibilmente avvenuti in gran maggioranza al di fuori della scuola, prima ancora che le lezioni riprendessero. E che nulla ci dicono di cosa stia accadendo tra i banchi.
Come giocare con le percentuali
Sui dati in sé non si discute: 1.492 casi di positività al
Sars-Cov-2 riscontrati tra gli studenti, 349 tra i docenti e altri 116 nel
personale non docente. Ossia, spannometricamente, 2mila persone in tutto nel
mondo della scuola. La ministra del MIUR quindi snocciola alcune percentuali:
solo lo 0,021% degli studenti, lo 0,047% dei docenti e lo 0,059% dei non
docenti sono risultati positivi. Peccato che, se si calcolano le percentuali di
nuovi casi rispetto a un intero gruppo sociale, si otterrebbero sempre numeri
bassissimi. Basti pensare che complessivamente gli attualmente positivi sono lo
0,098% e da inizio epidemia si è contagiato lo 0,54% degli italiani. I numeri
piccolissimi riferiti alla scuola, dunque, non sono poi così bassi se
rapportati al resto delle statistiche, ma anzi perfettamente in linea con il
dato generale nazionale. A volerla vedere da un’altra prospettiva, i numeri
enunciati con tanta soddisfazione dal ministero rappresentano, nel periodo di
riferimento, il 10% del totale. 2.000 su 20.000, ovvero 1 persona su 10
positivi è coinvolto nel mondo scolastico. Un valore che ci indica comunque
come il comparto dell’istruzione abbia una fetta importante dei casi, ma che di
per sé non è affatto allarmante: tra studenti, docenti e personale, infatti,
abbiamo a scuola più del 10% della popolazione.
Numeri impossibili da dare
I numeri presentati hanno un non trascurabile problema di
tempistiche. Come è apparso evidente in moltissime circostanze, infatti, il
tempo necessario affinché un comportamento (o un divieto) si traduca in numeri
dell’epidemia occorrono molte settimane, spesso un paio di mesi. L’effetto
sulla curva epidemiologica è lento a palesarsi perché è necessario, affinché ci
siano variazioni apprezzabili su scala regionale o nazionale, che si susseguano
più cicli di incubazione e contagio. È semplicemente troppo presto per arrivare
a conclusioni definitive. Oltre alla questione temporale poi, che posticipa
qualunque valutazione perlomeno a fine mese, o magari anche a fine novembre,
sarà decisivo approfondire altri aspetti peculiari. Per esempio, è noto che tra
i giovani i casi lievissimi o del tutto asintomatici sono molto frequenti,
dunque l’esecuzione dei test rapidi e l’allargamento della platea dei
controllati potrà permettere di scattare una fotografia più precisa della
situazione reale. Più difficile, poi, riuscire davvero a stabilire quanti dei
contagi dei più giovani avvengano effettivamente a scuola e non in altre
occasioni di socialità (basta pensare allo sport, o al ritrovo nel piazzale
antistante l’edificio scolastico), e anche quanti dei contagi in famiglia
possano essere considerati conseguenza diretta di eventuali trasmissioni del
virus tra i banchi di scuola. Senza dimenticare la questione “influenza
stagionale”, in arrivo con il calare delle temperature, che metterà in
difficoltà il sistema sanitario vista la sintomatologia simile. Insomma,
staremo a vedere, nella speranza che le soluzioni di prevenzione messe in campo
e il buonsenso di tutti diano una mano a contenere la circolazione del virus
tra le mura scolastiche.
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