Saipem cattura la CO2 con le tecnologie CCUS
Stoccare
la CO2 nei depositi sottomarini, così Saipem pensa al futuro delle CCUS
Trasformare
la CO2 prodotta dalle attività umane, da problema climatico a risorsa per lo
sviluppo sostenibile. È quello che cercano di fare oggi le tecnologie CCUS, acronimo delle parole
inglesi Carbon, Capture, Utilisation and Storage.
Ne
sono un esempio le soluzioni firmate Saipem,
azienda in grado di padroneggiare
oggi l’intera catena della cattura e riutilizzo dell’anidride carbonica grazie
al suo solido background maturato nel settore oil&gas. La società sta da
tempo costruendo un ricco portafoglio tecnologico in questo segmento con cui
accompagnare la transizione energetica. Tra brevetti, acquisizioni, nuovi
accordi e proposte progettuali è il gruppo si muove su più fronti: dalla cattura della CO2 al trasporto a terra e in mare, dallo stoccaggio al successivo riutilizzo.
A
livello di cattura, ha progettato e
costruito oltre 70 impianti di sequestro CO2, utilizzando un
vasto range di tecnologie, da lavaggi con vari tipi di solventi alle membrane
ibride. Recentemente ha anche acquisito una tecnologia proprietaria dalla
società̀ canadese CO2 Solutions Inc che si applica a processi di cattura Post
Combustione, capace di ridurre il fabbisogno energetico del processo di cattura
senza utilizzare i composti amminici tossici.
L’esperienza
sul fronte del trasporto- con oltre 130.000 km di condotte a terra e a mare
realizzate in aree remote – ha portato Saipem a prender parte al Northern Lights Norwegian CCS, un progetto di
trasporto e stoccaggio geologico di CO2 che sarà fornita da siti industriali
collocati nella regione del fiordo di Oslo tra cui anche cementifici e
termovalorizzatori; l’iniziativa mira a liquefare e portare via nave la CO2 da
questi siti ad un terminale onshore sulla costa occidentale norvegese. E da lì,
tramite una pipeline sottomarina lunga 80 km, stoccarla in maniera permanente
in un bacino nel Mare del Nord. Un passaggio delicato, quello del trasporto
sotto la superficie del mare, di cui Saipem ha realizzato il FEED (Front End
Engineering Design), passaggio fondamentale in cui si sviluppa il dettaglio
tecnico necessario a valutarne la fattibilità e a definirne il costo.
Non
solo. Il gruppo ha una vasta conoscenza industriale nella progettazione e realizzazione di impianti di riutilizzo della CO2,
grazie alla sua esperienza e ad una tecnologia proprietaria ad alta efficienza e
sostenibilità per la produzione
di urea. Al punto che oggi può vantare una leadership
tecnologica in questo campo e un elevato livello di competitività.
La
CO2 recuperata può essere anche impiegata per la produzione
di combustibili o metanolo, soluzioni ancor più sostenibili se
combinate a idrogeno verde o blu. Anche in questi casi Saipem è in grado di
proporre diverse soluzioni, nella maggior
parte dei casi facilmente integrabili in impianti esistenti.
Nuove opportunità si stanno aprendo inoltre nel campo della biofissazione. In questo caso l’anidride carbonica
è impiegata per nutrire colture algali in grado di produrre una miscela di
composti utilizzabili come biocombustibili.
Ma
quali sono i possibili scenari di sviluppo all’interno dell’economia italiana?
La proposta di Saipem, che la società intende proporre
nell’ambito del programma europeo Next
Generation EU per l’accesso al Recovery and Resilience
Facility destinato all’Italia, parte dal concetto
di hub, ossia una rete di cattura e stoccaggio con
un’unica infrastruttura di trasporto condivisa che connetta tra loro siti
emissivi e di immagazzinamento.
In
questa direzione si inquadra il recente MOU
firmato tra Saipem ed Eni con cui individuare possibili
opportunità di collaborazione nell’ambito della cattura, trasporto, riutilizzo
e stoccaggio della CO2 prodotta da distretti industriali nel territorio
italiano. L’obiettivo è contribuire al processo di decarbonizzazione
di intere filiere produttive, come quelle energy intensive. E valutare la
partecipazione a programmi finanziati dall’UE nel contesto della Green Deal
Strategy, proponendo il possibile inserimento di specifiche iniziative
nell’ambito del piano di ripresa.
La CO2 potrebbe essere catturata nei distretti industriali sparsi sul territorio nazionale, trasportata via pipeline o via nave all’hub di stoccaggio per essere poi intombata in pozzi esausti. Le prime stime, associate ad alcune possibili iniziative individuate e limitate ad un unico hub, indicano un potenziale complessivo di 20+ Mt di anidride carbonica evitate annualmente, pari al 6% circa delle emissioni annue in Italia.
Commenti
Posta un commento